Al di là del bene e del... Lettura di 5 minuti

Contro la democrazia

Noi, che siamo di un’altra fede, — noi, per i quali il movimento democratico non solo è una forma di decadenza dell’organizzazione politica, bensì una forma di decadenza, cioè di rimpicciolimento dell’uomo, del suo abbassamento alla mediocrità e a un minimo valore: a cosa dovremmo aggrapparci con le nostre speranze? — A filosofi nuovi, non c’è scelta; a spiriti forti e sufficientemente indipendenti da stimolare giudizi di valore opposti e da rovesciare «valori eterni»; a precursori, a uomini del futuro che nel presente stringano quel vincolo e quel nodo che costringerà la volontà di millenni su nuove vie. Per insegnare all’uomo che la volontà è il suo futuro, che dalla volontà dell'uomo dipendono tutte le imprese audaci e la preparazione d’esperienze collettive nella disciplina e nell'allevamento, per porre fine in questo modo a quel terrificante dominio dell’insensatezza e del caso che finora ha preso il nome di «storia» — l’assurdità della «maggioranza» non è che la sua ultima forma —. A ciò si renderà necessario, un giorno, un nuovo tipo di filosofi e di capi, di fronte ai quali tutti gli spiriti misteriosi, temibili e benevoli della terra sembreranno dei nani pallidi e sbiaditi. L’immagine di quegli spiriti ondeggia davanti ai miei occhi: — mi è permesso annunciarlo ad alta voce, voi spiriti liberi?

Ma, e voi lo sapete, o spiriti liberi, queste sono le nostre autentiche preoccupazioni e incupimenti, questo è quanto turba il nostro pensiero: le circostanze che si dovrebbero in parte creare, in parte sfruttare, per la loro nascita; le vie e le prove presumibili attraverso le quali un’anima possa raggiungere una tale altezza e potenza da sentire l’obbligo verso un simile compito; una trasvalutazione dei valori sotto la cui pressione la coscienza si tempri come acciaio e un cuore si faccia di bronzo, così da sostenere il peso di una tale responsabilità; la necessità di tali comandanti, d’altra parte, il rischio spaventoso che possano mancare o fallire o degenerare. Sono questi i gravi pensieri e tempeste che incombono sul cielo della nostra esistenza. Vi sono pochi dolori così struggenti come l’aver una volta visto, divinato, sentito un uomo straordinario che abbia deviato dal proprio cammino e sia degenerato: chi tuttavia possiede il raro occhio per il pericolo generale che «l’uomo» stesso degeneri, chi, come noi, ha riconosciuto la mostruosa casualità che finora ha giocato il suo gioco intorno al futuro dell’uomo — un gioco al quale Iddio non ha mai messo la sua mano e mai nemmeno un dito — chi scopre la fatalità nascosta nella stupida sprovvedutezza e nella credulità delle idee moderne, e ancor più nell’intera morale dell'Europa cristiana, è stretto un’angoscia che non si può paragonare a nessun’altra. Egli coglierà anzi con un unico sguardo tutto quello che ancora, con una favorevole concentrazione e incremento di forze e compiti, sarebbe da coltivare nell’ uomo, egli sa con tutta la consapevolezza della sua coscienza quanto l’uomo abbia risorse ancora inesaurite per le più grandi possibilità, e quanto spesso si sia già trovato sul limitare di misteriose decisioni e nuove vie. Egli sa ancora meglio, dalla sua più dolorosa memoria, per quali miserevoli cose un essere diveniente del più alto rango abbia finora usualmente finito per spezzarsi, naufragare e perire.

La complessiva degenerazione dell’umanità, giù fino a quello che oggi appare agli stolti socialisti e tutti gli imbecilli considerano il loro «uomo del futuro», — come loro ideale! — questa degenerazione e atrofizzazione dell’uomo nella compiuta bestia da gregge (o, come dicono, nell’uomo della «società libera»), questa metamorfosi dell’uomo nella bestia nana di eguali diritti e pretese, è possibile, non c’è alcun dubbio! Chi abbia meditato una volta questa possibilità fino alle ultime conseguenze, conosce una forma ulteriore di nausea rispetto agli altri uomini... e forse anche un nuovo compito!


Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male (1886). Per la storia naturale della morale — paragrafo 203.

Simone Sala