Il crepuscolo degli idoli Lettura di 5 minuti

Critica della modernità

Critica della modernità. Le nostre istituzioni non valgono più nulla: su questo si è tutti d'accordo. Ma ciò non dipende da esse, ma da noi. Dopo che ci hanno abbandonati tutti gli istinti da cui le istituzioni maturano, ci abbandonano le istituzioni in generale, perché noi non siamo più idonei a esse. Il democratismo fu in ogni tempo la forma di decadenza della forza organizzatrice: io ho già, in «Umano troppo umano», definito la democrazia moderna, con le sue imperfezioni come l'«impero tedesco», quale la forma di decadenza dello Stato. Perché ci siano istituzioni, ci deve essere una specie di volontà, di istinti, di imperativi, antiliberali fino alla malvagità: la volontà di tradizione, di autorità, di responsabilità estesa ai secoli futuri, di solidarietà di catene di generazioni nel futuro e nel passato in infinitum. Se questa volontà esiste, si fonda alcunché di simile all'imperium romanum; o alla Russia, che è il concetto opposto alla miserabile suddivisione europea in piccoli Stati e alla nervosità europea, la quale con la fondazione dell'impero tedesco è entrata in uno stato critico... Tutto l'occidente non ha più quegli istinti da cui nascono le istituzioni, da cui nasce l'avvenire, forse nulla ripugna di più al suo «spirito moderno». Si vive per l'oggi, si vive molto velocemente, si vive senza responsabilità; questo appunto viene chiamato «libertà». Ciò che delle istituzioni fa istituzioni, è disprezzato, odiato, rifiutato; ci si crede in pericolo di una nuova schiavitù se la parola «autorità» è anche solo pronunziata. Tanto lontano va la decadenza nell'istinto di valore dei nostri uomini politici, dei nostri partiti politici, che essi preferiscono istintivamente ciò che decompone, ciò che affretta la fine... Testimonio il matrimonio moderno. Nel matrimonio moderno, visibilmente, è venuta a mancare ogni ragione: ciò però non forma un'obiezione contro il matrimonio, sibbene contro la modernità. La ragione del matrimonio si trovava nella esclusiva responsabilità giuridica dell'uomo: con essa il matrimonio aveva un centro di gravità, mentre oggi zoppica da entrambe le gambe. La ragione del matrimonio si trovava nel principio della sua indissolubilità: con esso acquistava un accento, che, di fronte ai casi del sentimento, della passione e del momento, sapeva procurarsi ascolto. Essa si trovava pure nella responsabilità delle famiglie per la scelta degli sposi. Con la crescente indulgenza delle famiglie verso il matrimonio d'amore si è precisamente eliminata la base del matrimonio, ciò appunto che fa di esso un'istituzione. Non si fonda mai e poi mai un'istituzione su un'idiosincrasia, non si fonda come dissi, il matrimonio sull'amore, lo si fonda sull'istinto sessuale, sull'istinto di proprietà (la donna e i figli considerati come proprietà), sull'istinto di dominazione, che si organizza costantemente la più piccola forma di dominazione cioè la famiglia, che ha bisogno di figli e eredi, per conservare anche fisiologicamente una raggiunta quantità di potenza, di influenza, di ricchezza, per apprestare lunghi compiti, solidarietà di istinti fra i secoli. Il matrimonio come istituzione comprende già in sé l'affermazione della maggiore e più durevole forma di organizzazione: se la società stessa, presa come un tutto, non può prestare garanzia per sé medesima fino alle più lontane generazioni, il matrimonio in generale non ha senso.

Il matrimonio moderno perdette il suo senso, perciò si sopprime.


Friedrich Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli (1888). Scorrerie di un inattuale — paragrafo 39.

Simone Sala