Così parlò Zarathustra Lettura di 5 minuti

Di mille e una meta

Molti paesi vide Zarathustra e molti popoli: così egli scoprì il bene e il male di molti popoli. Forza più grande non trovò Zarathustra sulla terra di quella del bene e del male.

Nessun popolo poté vivere che prima non valutasse: ma se vuole sopravvivere, non deve valore come valuta il vicino.

Molte cose apparvero buone a un popolo che a un altro apparvero causa di scherno e vergogna: questo trovai. Molte cose trovai chiamate cattive qui e là coperte di purpurei onori.

Mai un vicino comprese l'altro: sempre si vergognò la sua anima della follia e della cattiveria del vicino.

Una tavola delle cose buone è sospesa sopra ogni popolo. Ecco, è la tavola dei suoi superamenti; ecco, è la voce della sua volontà di potenza.

Lodevole è quel che gli sembra arduo; quel che è inevitabile e arduo si chiama buono; e ciò che libera dall'estremo bisogno, il raro, il sommamente arduo, — è celebrato come santo.

Ciò che lo fa dominare, vincere, risplendere, con orrore e invidia del suo vicino, è per lui la cosa più alta, la prima, l'unità di misura, il senso di tutte le cose.

In verità, fratello mio, se di un popolo conoscesti già il bisogno e la terra e il cielo e il vicino, indovinerai la legge dei suoi superamenti e perché ascenda su quella scala alla tua speranza.

«Sempre devi essere il primo ed eccellere sugli altri: la tua anima gelosa non deve amare nessuno, tranne l'amico» — questo faceva fremere l'anima del greco. Così egli percorse il sentiero della sua grandezza.

«Dire la verità e maneggiare destramente arco e freccia» — questo appare caro e arduo al popolo da cui viene il mio nome, il nome che mi è insieme caro e arduo.

«Onorare il padre e la madre e fare la loro volontà fino alle radici dell'anima» — questa tavola del superamento sospese un altro popolo su di sé e divenne per essa potente ed eterno.

«Esercitare la fedeltà e per fedeltà porre onore e sangue anche in cause ingiuste e pericolose» — così ammaestrandosi un altro popolo domò se stesso e così domandosi divenne gravido e greve di grandi speranze.

In verità, gli uomini si diedero da sé tutto il loro bene e male. In verità, non lo presero, non lo trovarono, non scese a loro come una voce dal cielo.

Fu l'uomo a riporre valori nelle cose per sopravvivere, fu lui a creare senso alle cose, un senso umano! Perciò si chiama «uomo», cioè, il valutante.

Valutare è creare: udite, creatori! Il valutare è di per sé tesoro e gioiello di tutte le cose valutate.

Solo perché si valuta esiste il valore: e senza il valutare l'esistenza sarebbe un guscio vuoto!

Mutazione dei valori — è mutazione dei creatori. Chi deve essere un creatore non fa che distruggere.

Creatori erano dapprima i popoli, e solo più tardi i singoli; in verità, il singolo stesso è ancora la creazione più recente.

I popoli sospesero su di sé una tavola del bene. L'amore che vuol dominare e l'amore che vuol obbedire crearono insieme simili tavole.

Più antico è il piacere del gregge che il piacere dell'io: e finché la buona coscienza si chiama gregge, solo la cattiva coscienza dice: io.

In verità, l'io scaltro, l'io senza amore, che vuole il proprio vantaggio nel vantaggio di molti, questo non è l'origine del gregge, ma il suo tramonto.

Amanti furono sempre e creatori quelli che crearono bene e male. Fuoco d'amore arde nel nome di tutte le virtù, e fuoco d'ira.

Molti paesi vide Zarathustra e molti popoli: nessuna potenza trovò Zarathustra sulla terra più grande delle opere di coloro che amano: «bene» e «male» è il loro nome.

In verità, un mostro è la potenza di questa lode e di questo biasimo. Ditemi, chi me lo doma, fratelli? Ditemi, chi getta un giogo sopra le mille cervici di questa fiera?

Mille mete v'erano finora, poiché v'erano mille popoli. Soltanto il giogo per le mille cervici manca ancora, manca una meta unica. L'umanità non ha ancora meta.

Ma ditemi, fratelli miei: se all'umanità manca ancora la meta, non manca forse ancora lei stessa? —

Così parlò Zarathustra.


Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra (1885). Prima parte — Di mille e una meta.

Simone Sala