Gorgia Lettura di 5 minuti

Legge e natura

Callicle — Giacché tu Socrate, col pretesto di indagare il vero, trascini la discussione in questi fastidiosi e plateali sofismi che non sono belli per natura, ma per legge. Ora, il più delle volte, la natura e la legge sono agli antipodi. Se uno dunque si vergogna e non ha il coraggio di spiattellare quello che pensa, è costretto a contraddirsi. E tu, che hai scoperto il segreto, te ne giovi capziosamente nella disputa; e quando il tuo contraddittore parla secondo la legge, tu lo interroghi secondo la natura; e quando l'altro parla secondo la natura, tu lo interroghi secondo la legge. [...] In realtà, secondo la natura, è più brutto tutto ciò che è anche peggiore, cioè subire l'ingiustizia; ma, secondo la legge, è più brutto commetterla. E in effetti questa rassegnazione, questo subir l'ingiustizia, non è neppur degno d'un uomo, ma d'uno schiavo, per cui val meglio morire che vivere, quand'uno, ingiuriato ed oltraggiato, non è in grado di difendere né se stesso né chi gli sta a cuore. Ma, a parer mio, gli autori delle leggi sono i deboli, sono la maggioranza. È dunque per sé e per il proprio tornaconto che costoro han fatto le leggi e distribuiscono lodi e biasimi. E nell'intento di spaventare i più forti e capaci di prevalere, e per impedire che prevalgano su loro, dicono che è cosa brutta ed ingiusta voler sopraffare gli altri, e che il commettere ingiustizia consiste appunto nel cercare d'avere più degli altri. Quanto a sé sono ben contenti, credo, di assicurarsi l'uguaglianza, essi che sono i più deboli e meno capaci degli altri.

Perciò, si capisce, la legge proclama ingiusto e brutto il cercar di sopraffare i più; e questo si chiama commettere ingiustizia. La natura invece, a mio avviso, mostra chiaro come sia giusto che il migliore abbia più del peggiore, e il più potente più di chi meno. E che sia così: che il vero criterio del giusto sia che il più potente domini il meno e abbia di più, si può vederlo in tanti casi, non solo riguardo agli altri animali, ma delle razze di uomini, anche riguardo a interi Stati e nazioni. Poiché con qual diritto Serse mosse contro l'Ellade, o il padre di lui contro gli Sciti? E si potrebbero addurre infiniti esempi dello stesso genere. Ma costoro, io ritengo, agiscono così secondo il diritto naturale, e, per Zeus, secondo la legge della natura, e non già secondo questa, che noi ci siamo imposta. Noi, plasmando a modo nostro i migliori e i più forti tra noi, col prenderli in cura da giovani come si fa con i leoni, incantandoli e seducendoli, ne facciamo dei servi, dicendo loro che a tutti spetta una parte eguale, e che in ciò consiste il bello e il giusto. Ma quando, poniamo, sorga un uomo dotato di una natura che ne fosse all'altezza, costui, scossi e infranti tutti codesti ceppi e liberatosene, calpestati tutti i nostri scritti, i nostri incantesimi, le nostre formule magiche e tutte le leggi, tutti contrari alla natura; eccolo, il servo, levarsi d'un tratto al disopra di tutti e divenire il padrone; ecco in tal caso d'un tratto splendere la giustizia secondo natura. E a me pare che anche Pindaro a queste cose appunto accenni in quel canto nel quale dice:

La legge di tutti regina,

dei mortali e degli immortali.

ed essa, soggiunge:

con mano possente la forza trasforma in diritto.

E lo prova d'Eracle l'impresa, che i buoi non comperati...

Queste a un dipresso le parole del poeta, giacché l'ode non l'ho a mente. Egli, insomma, racconta che Eracle, senza averli comperati né avuti in dono da Gerione, menò via i suoi buoi, convinto che tale, secondo natura, fosse la giustizia: che buoi e ogni altro bene di chi è peggiore e da meno spettino a chi è migliore e da più.


Platone, Gorgia (386 a.C.). Capitolo XXXVIII e XXXIX.

Simone Sala