Rivolta contro il mondo... Lettura di 9 minuti

Uomo e donna

È compito della tradizione — lo si ripete — scavare dei saldi alvei, a che le correnti caotiche della vita fluiscano nella direzione giusta. Liberi, sono coloro che assumendo questa direzione tradizionale non la sentono come imposta, ma vi si sviluppano spontaneamente, vi si riconoscono, tanto da attuare quasi con un moto dall'interno la possibilità più alta, «tradizionale», della loro natura. Gli altri, quelli che seguono materialmente le istituzioni, obbedendo, ma senza comprenderle e viverle sono i sorretti: per quanto privo di luce, il loro ubbidire li porta virtualmente oltre la loro limitazione di individui, li dispone sulla stessa direzione dei primi. Ma per coloro che non seguono né nello spirito, né nella forma l'alveo tradizionale, non vi è che il caos. Sono i perduti, i caduti.

Tale è il caso dei moderni anche per quanto riguarda la donna. In verità, non era possibile che un mondo, il quale ha «superato» le caste restituendo — per esprimersi in gergo giacobino — ad ogni essere umano la sua «dignità» e i suoi «diritti», potesse conservare un qualche senso delle giuste relazioni fra i due sessi. L'emancipazione della donna doveva fatalmente seguire a quella del servo e alla glorificazione del senza-classe e del senza-tradizione, cioè del paria. In una società, la quale non comprende più né l'Asceta, né il Guerriero: in una società in cui le mani degli ultimi aristocrati, più che per spade o scettri, sembrano fatte per racchette da tennis o per shakers da cocktails; in una società nella quale — quando non sia la scialba larva dell'«intellettuale» e del «professore», il fantoccio narcisistico dell'«artista» o la macchinetta affaccendata e sudicetta del banchiere e del politicante — il tipo dell'uomo virile è rappresentato dal pugile o dal divo del cinema: in una tale società era naturale che anche la donna si levasse e rivendicasse pure per sé una «personalità» e una libertà proprio nel senso anarchico e individualistico dei tempi ultimi. E mentre l'etica tradizionale chiedeva all'uomo e alla donna di essere sempre più se stessi, di esprimere con tratti sempre più decisi ciò che fa dell'uno un uomo, dell'altra una donna — ecco che la civiltà nuova volge verso il livellamento, verso l'informe, verso uno stadio che invero non sta al di là, ma al di qua dell'individuazione e della differenza dei sessi.

E si è scambiata per conquista una abdicazione. Dopo secoli di «schiavitù» la donna ha voluto dunque essere libera, esser per se stessa. Ma il cosiddetto «femminismo» non ha saputo concepire per la donna una personalità, se non ad imitazione di quella maschile, sì che le sue «rivendicazioni» mascherano una sfiducia fondamentale della donna nuova verso se stessa, l'impotenza di questa ad essere ed a valere come ciò che essa è: come donna e non come uomo. Per una tale incomprensione, la donna moderna ha sentito una affatto immaginaria inferiorità nell'esser solo donna e quasi un'offesa nell'esser trattata «solo come donna». Tale è stata l'origine di una vocazione sbagliata: essa, appunto per questo, ha voluto prendersi una rivincita, rivendicare la sua «dignità», mostrare il suo «valore» — passando a misurarsi con l'uomo. Senonché non si è trattato per nulla dell'uomo vero, bensì dell'uomo-costruzione, dell'uomo-fantoccio di una civiltà standardizzata, razionalizzata, non implicante quasi più nulla di davvero differenziato e qualitativo. In una tale civiltà, evidentemente, non può essere più quistione di un qualunque legittimo priviegio, e le donne incapaci di riconoscere la loro naturale vocazione e difenderla, non fosse che sul piano più basso (perché nessuna donna sessualmente felice sente mai il bisogno di imitare e di invidiare l'uuomo), potettero facilmente dimostrare di possedere virtualmente anch'esse le facoltà e le abilità — materiali e intellettuali — che si trovano nell'altro sesso e che, in genere, si richiedono e si valutano in una società di tipo moderno. L'uomo, del resto, ha lasciato fare da vero irresponsabile, anzi ha aiutato, ha spinto lui stesso la donna nelle strade, negli uffici, nelle scuole, nelle fabbriche, in tutti i trivii contaminatori della società e della cultura moderna. Così l'ultima spinta livellatrice è stata data.

E là dove l'evirazione spirituale dell'uomo moderno materializzato non ha restaurato tacitamente il primato, proprio alle antiche comunità ginecocratiche, della donna etera arbitra di uomini abbrutiti dai sensi e lavoranti per lei, il risultato è stato la degenerescenza del tipo femminile fin quasi nelle caratteristiche somatiche, l'atrofia delle sue possibilità naturali, il soffocamento della sua specifica interiorità. Da qui il tipo garçonne e la ragazza svuotata, vana, incapace di qualsiasi slancio di là da se stessa, incapace — alla fine — della stessa sensualità e peccaminosità: giacché per la femmina moderna le possibilità dello stesso amore fisico spesso non offrono più tanto interesse quanto il culto narcisistico del proprio corpo, il mostrarsi con vestiti o con meno vestiti che sia possibile, il training fisico, il ballo, lo sport, il danaro, e via dicendo. Già l'Europa ben poco sapeva della purità dell'offerta e della fedeltà che tutto dà e nulla chiede; di un amore abbastanza forte da non aver bisogno di esclusivismi. A parte una fedeltà puramente conformistica e borghese, l'amore che l'Europa aveva eletto è quello che non tollera all'amato di non amare. Ora, quando la donna, per consacrarglisi, pretende che un uomo con l'anima e col corpo le appartenga, essa ha già non solo «umanizzata» e immiserita la sua offerta, ma soprattutto ha cominciato a tradire l'essenza pura della femminilità per prendere in prestito anche sotto questo riguardo un modo d'essere proprio alla natura maschile — e della più bassa: il possesso, il diritto sull'altro e l'orgoglio dell'Io. Allora è venuto il resto e, come in ogni caduta, secondo una legge di accelerazione. In un momento successivo, per incremento di egocentrismo, non saranno più nemmeno gli uomini ad interessarla, ma solo ciò che essi potranno darle per il suo piacere o la sua vanità. Come epilogo, forme di corruzione che si accompagnano con altrettanta superficialità, ovvero una vita pratico-esteriorizzata di tipo maschile che l'ha snaturata e gettata nella stessa fossa maschile del lavoro, del guadagno, dell'attività pratica parossistica e perfino della politica.

Non diversi i risultati dell'«emancipazione» occidentale, che peraltro è ormai sulla via di contagiare tutto il mondo con maggiore rapidità di una peste. La donna tradizionale, la donna assoluta, nel darsi, nel non vivere per sé, nel volere essere tutta per un altro essere con semplicità e purità, si compiva, si apparteneva, aveva un suo eroismo — e, in fondo, si faceva superiore all'uomo comune. La donna moderna nel voler essere per sé si è distrutta. La bramata «personalità» le sta togliendo ogni personalità.

Ed è facile prevedere che cosa debbano divenire, a questa stregua, le relazioni fra i due sessi, anche nel loro lato materiale. Qui, come nel magnetismo, tanto più alta e viva è la scintilla creativa, per quanto più decisa è la polarità: per quanto più l'uomo è veramente uomo e la donna veramente donna. Che cosa può esservi invece fra questi esseri misti, privi di ogni rapporto con le forze della loro natura più profonda? Fra questi esseri in cui il sesso comincia e finisce nel semplice piano fisiologico, quand'anche sin qui non si affaccino già inclinazioni abnormi da «terzo sesso»? Fra questi esseri che nell'anima non sono né uomo, né donna, ovvero donna l'uomo e uomo la donna, e vantano come un aldilà del sesso ciò che è effettivamente un aldiquà del sesso? Ogni relazione non potrà più avere che un carattere equivoco e sfaldato: promiscuità cameratistiche, morbose simpatie «intellettuali», banalità del nuovo realismo comunistico — ovvero essa risentirà di complessi nevrotici e di tutti gli altri su cui il Freud ha edificato una «scienza» che è davvero un vero segno dei nostri tempi. Non diverse le possibilità del mondo della donna «emancipata»: e le avanguardie di un tale mondo, la Russia e il Nord-America, sono già presenti e danno, a tale riguardo, testimonianze piene di significato.

Ora, tutto ciò non può avere ripercussioni in un ordine di cose, che va molto più in là di quel che, nella loro avventatezza, i moderni possono sospettare.


Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno (1934). Capitolo XX — Uomo e donna.

Simone Sala